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«Toubab toubab!»

  • Writer: Francesca Carbone
    Francesca Carbone
  • Dec 26, 2017
  • 2 min read


Non ho ancora deciso se mi piace essere chiamata così. Il toubab è l’uomo bianco. Nulla a che vedere con il nostro negro, ma comunque un appellativo scomodo, che mi fa sentire osservata. Perfino qui a Saint-Louis, cittadina molto moderna, antica capitale del Senegal e attualmente meta per molti turisti europei. Di toubab a Saint-Louis ce ne sono diversi, soprattutto francesi ovviamente. E sono i soggetti di maggior interesse per i numerosi bambini talibés che chiedono l’elemosina per la strada. I più piccolini (anche di 4 o 5 anni) ti si avvicinano furtivi, con un misto di curiosità e timidezza, un po' titubanti nell’allungare il bicchiere o il vasetto dello yoghurt dove usano raccogliere i soldi. Sono prontissimi però nel cimentarsi con le poche parole di francese che hanno imparato: «Toubab bonjour», «comment tu t’appelles?». Occasione perfetta per me per tentare una mini conversazione in wolof a mia volta: «Naga def? No tuddu?». Come stai? Come ti chiami? Conversazioni impegnate.


Mentre me li lascio alle spalle penso ai bambini talibés e a questa pratica molto diffusa tra le famiglie senegalesi, sopratutto le più povere, di affidare i propri figli fin da piccoli ad un marabout, il maestro della daara, la scuola coranica. La associo subito alla nostra vecchia usanza di mandare i figli in seminario e le figlie a farsi suore, ma temo mi sfugga ancora molto. Il marabout si occupa dell’educazione spirituale e morale dei suoi allievi, i talibés. A Saint Louis di daara ce ne sono moltissime e sono luoghi spesso sovraffollati dove i bambini che vengono da fuori città trascorrono la notte, ma in condizioni igieniche molto precarie. Confrontandomi con gli operatori sociali senegalesi, molto impegnati nella tutela dell’infanzia, capisco che col tempo la scuola coranica è diventata sempre più un affare per il marabout, il quale approfitta largamente dell’obbligo per i suoi allievi di recuperare il denaro necessario al loro mantenimento, ma anche a quello della famiglia e del maestro stesso.


Allo stesso tempo il maître coranique rimane una figura molto rispettata, con la quale è necessario negoziare ed accordarsi se per esempio si decide di lavorare in favore dei talibés a tutti i livelli, dai Comitati di Quartiere per la protezione dell’Infanzia ai gruppi locali dell’Associazione dei Giovani Lavoratori (AEJT), ai Centri di Prima Accoglienza per i minori in mobilità (sì i CPA esistono anche qua). Momenti di gioco strutturato, spazi pubblici dove lavarsi e lavare i vestiti, presidi infermieristici o merende pomeridiane: le iniziative di supporto per questi bambini sono molto varie e tutte gestite da reti di associazioni di giovanissimi attivisti. Reti vere. Giovani davvero. Attivisti li chiamo io.

 
 
 

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